Ci sono stati vari tempi del mio andare in Montagna. Il tempo della velocità e quello del passaggio chiave, il tempo dei rifugi e quello delle vette, il tempo delle vie attrezzate e delle ferrate. Questi "tempi" hanno scandito la mia vita, testimoni e compagni di altre vicissitudini e del passare degli anni. Oggi, eccomi qua alle prese con il tempo della consapevolezza, della montagna lenta e delle vie normali. Talvolta però i "vecchi tempi", mentre passo dopo passo percorro il sentiero, si ripresentano, ed io non oppongo resistenza.

Benvenuti, comunque la pensiate, su VIA NORMALE

3 gennaio 2009

MALGA/RIFUGIO GOSGNACH

Anche questa mattina si ripete la lotta. Il cervello ordina ai muscoli di mettersi in movimento ma il corpo resta fermo, prigioniero compiaciuto del tepore del letto. Fuori è sereno ed un vento sottile fa presagire temperature poco miti. Con noncuranza lascio cadere una frase:” Marisa andiamo da qualche parte a provare le racchette da neve?” Un mugugno mi arriva da sotto il piumino:” fa freddo!” "certo sono le otto" rispondo," vedrai che la temperatura si alza e poi non andiamo troppo in alto". Altro mugugno:” c’è vento!” "si ma debole debole" rispondo ancora. Quando torno in camera con il caffè fumante nella tazzina, Marisa è più disponibile: “dove vorresti andare ?” "Mah, ormai sono le nove, e siccome almeno una volta all’anno dobbiamo andarci, togliamoci questo pensiero, andiamo sul Monte “M”. Marisa è d’accordo. Velocemente preparo il thè, ci vestiamo per stare caldi, a strati, guanti e berretto ci sono, via pronti verso il pellegrinaggio. Man mano che ci avvciniamo il vento rinforza e ci si mette pure una deviazione che ci fa percorrere una “strada panoramica” sempre più stretta e completamente ghiacciata nelle zone in ombra.
Finalmente usciamo da questa deviazione e siamo di nuovo sulla strada principale, raggiungiamo l’ultimo paese, lo superiamo , il fondo si copre man mano di neve e dulcis in fundo un cartello di divieto di accesso con ordinanza del Sindaco: la strada è chiusa.
Due scialpinisti risalgono felici pregustando la bella discesa che faranno su questa pista , noi imbocchamo il sentiero in direzione di una laconica indicazione "Dom".

E' chiaro adesso che il monte "M" per noi è il monte Matajur. Nonostante la nostra annuale visita al monte "M" da vari approcci, non avevamo mai notato questa traccia che costantemente, in salita dolcemente obliqua, risale il versante meridionale. Le racchette da neve non servono. A tratti la neve non c'è, dove è presente è compatta e gelata.
All'orizzonte si susseguono valli, un ripetersi di saliscendi trasversali che ricordano le onde del mare, ed in fondo c'è il mare. Il rosso delle bacche di rosa canina interrompe talvolta il bianco della neve e piccole malghe fanno da intermezzo.




Così, senza fatica e senza patire troppo freddo, siamo a - 3°, giungiamo presso due costruzioni in posizione soleggiata. Il laconico "dom" del cartello all'imbocco del sentiero adesso è più chiaro, sul muro di una delle due costruzioni , in vernice, c'è scritto Rifugio Gosgnach. Si sta bene al sole, sorseggiare thè caldo e rilassati guardare lontano.



Dietro il rifugio, il sentiero, che prendiamo dopo la sosta, risale in maniera più diretta il versante. Il vento fa la sua comparsa, il pendio è scoperto e non ci sono ostacoli a frenare il suo andare sostenuto. La neve ventata è veramente scivolosa. Continuando potremmo arrivare al Dom Na Matajure ma dopo un pò decidiamo di tornare indietro a scaldarci ancora al sole , al riparo dal vento, al rifugio Gosgnach. La schiena appoggiata al muro, gli occhi chiusi, quasi senti il peso dei raggi dritti dritti sulla faccia. Che beatitudine, basta poco per sentirsi in pace con se stessi e con il mondo.






Adesso qualche refolo di vento arriva anche qui, decidiamo pertanto di interrompere la "seduta Zen" e di incamminarci sulla via del ritorno.





Sono bastate poche ore di sole ed in alcuni tratti, a quota più bassa, la neve si è trasformata e quando incrociamo la strada, la stessa non è più una crosta di neve indurita e lucida ma una bella, larga e morbida traccia che si percorre in tutta rilassatezza.

Sottolineatura finale di un un piccolo angolo di montagna da mettere nello zaino dei ricordi.


2 commenti:

montagnesottosopra ha detto...

Come il cane che si morde la coda in genere il Comune di Savogna non pulisce la strada tanto il Rifugio Pelizzo è chiuso e il gestore del rifugio non apre tanto la strada non è pulita. Nel caso però l'ordinanza del sindaco è dovuta ad alcuni rilievi dei tecnici della Prot. Civ. per smottamenti del terreno e quindi giustamente dovuta. Comnunque vi siete sgranchiti le gambe . Per le ciaspe altro giro altre avventure. Se ti consola per noi la prima volta con le racchette è stata esattamente il contrario: c'era talmente tanta neve che non siamo riusciti a fare 200 mt in due ore e mezzo. Mandi Luca e Marisa

anonymous ha detto...

Nadia writes:

Da qualunque parte lo si risalga, il Matajur concede sempre bellissimi scorci. Devo ammettere che da questa parte non ci sono mai salita...la prossima volta allora!Salutoni